A.C. 1089
Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghe e colleghi, con questo decreto e il modo sbagliato con cui affronta una sfida di così grande importanza, è diventato più chiaro che mai, più nitido a chi lo voglia vedere, l'enorme difficoltà che ha questo Governo, con la sua maggioranza, a fare le cose che servono realmente al Paese. Purtroppo sta succedendo proprio sulla sfida più importante per il futuro. Il freddo acronimo non è molto adatto a spiegare quale sia la portata storica di questa scelta del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e infatti si chiama Next Generation EU perché guarda dritto alle responsabilità che abbiamo verso le prossime generazioni.
È l'opportunità più grande, irripetibile, e per questo da non sprecare, di costruire l'Italia dei prossimi decenni, di garantire un futuro migliore, di riuscire, nel segno dell'equità e della sostenibilità, a dare un futuro alle prossime generazioni per creare buona occupazione e buona impresa in una direzione che sia nuova, che colga l'urgenza di ritrovare un equilibrio con il pianeta e di ridurre le diseguaglianze in questo Paese. Non che siano mancati i campanelli di allarme, e sono stati pure i più autorevoli. Abbiamo sentito le parole del Governatore di Bankitalia Visco, del commissario europeo Gentiloni, del Presidente Mattarella, che, proprio parlando del PNRR, ha esortato tutti a mettersi alla stanga, come diceva Alcide De Gasperi nel tempo in cui si trattava di ricostruire l'Italia dopo le macerie della guerra.
E invece si sono persi mesi sulla governance, che, per quanto importante, non può far perdere di vista il rispetto dei tempi di attuazione e anche il raggiungimento degli obiettivi di questo Piano. Noi vogliamo che l'Italia si dimostri all'altezza di questa sfida e ci interessa collaborare alla piena attuazione di questo Piano di investimenti strategici per il futuro del Paese. È una sfida che non riguarda il Governo o la maggioranza, ma l'intero Paese, tutte le forze politiche, le forze economiche, le forze sociali, i territori, le sue comunità, le comunità del nostro Paese. Non ne va soltanto della credibilità del nostro Paese, dell'Italia, ma ne va anche della compattezza dell'Unione europea e della scelta coraggiosa che ha fatto con il Next Generation EU. Jean Monnet scrisse che l'Europa si sarebbe forgiata nelle sue crisi e che sarebbe stata la somma delle risposte messe in campo a quelle crisi.
Ci aveva visto lungo, perché, dopo la pandemia, abbiamo visto un risveglio dell'Unione europea, abbiamo visto mettere in campo delle soluzioni e delle risposte comuni sul terreno della sanità, sul terreno degli ammortizzatori sociali, fino a questo importante Piano. È un Piano che mette le giuste condizionalità sulla conversione ecologica, che è ormai irrimandabile, sulla coesione sociale e territoriale e sulla trasformazione digitale, che, se ben guidata, può innovare i rapporti tra la pubblica amministrazione e la cittadinanza, può anche aprire opportunità importanti per le imprese, specie quelle piccole e medie, ed è anche un Piano che può in qualche modo, attraverso la transizione digitale, auspico, mettere sempre di più questa innovazione al servizio delle persone più fragili, pensiamo alle persone non autosufficienti, riuscendo a migliorarne la qualità della vita.
Di tutto questo, però, Ministro, non vi sentiamo mai parlare, mi preoccupa questo. Ditelo se non condividete gli obiettivi del Next Generation EU, siate più sinceri. Gli investimenti nelle infrastrutture procedono a rilento, lo stesso succede ai piani per le rinnovabili e il lavoro, per non parlare di quelli legati al trasporto pubblico locale, alla scuola, all'università, alla sanità. La Missione 6, quella dedicata alla salute, vede una spesa di soli 79 milioni, lo 0,5 per cento delle risorse assegnate. E mi hanno preoccupato le parole che hanno messo in dubbio la realizzazione delle case della comunità, che riguardano l'idea, dopo la pandemia, di andare verso la sanità del futuro, che è quella della prossimità.
È quella che non si basa solo sulla rete ospedaliera, ma arriva nei quartieri e nelle periferie; è quella che avvicina la risposta di cura a dove le persone esprimono i loro bisogni. Non parlate di questo Piano in termini burocratici, ma di come queste risorse dovranno trasformarsi in opportunità concrete per il Paese di rilancio economico, certo, ma anche di cambio di passo sull'inclusione sociale e sulla sostenibilità. Di fronte a tutto questo, ci si aspetterebbe che il PNRR fosse una vera e propria ossessione quotidiana di questo Governo, su cui spendere energie e stimolare l'intero sistema Paese, su cui coinvolgere pienamente i territori e le parti sociali, le categorie economiche, i sindacati, il Terzo settore, le università, i centri di ricerca, recuperando quella dimensione di partecipazione alla ricostruzione di un'Italia diversa che è auspicata anche dalla Commissione europea, ma di cui non abbiamo visto traccia.
Invece ci troviamo di fronte questo decreto assolutamente insufficiente, che cancella o tutt'al più declassa con un tratto di penna il coinvolgimento delle parti sociali a questa sfida Paese e che non riesce a individuare soluzioni, ma, quando cerca di farlo, rischia di produrre più danni e ritardi che benefici, Ministro. È il caso della centralizzazione della governance a Palazzo Chigi, 4 mesi persi con lo smantellamento delle strutture di missione dei singoli Ministeri. Ed è facile prevedere che, tra l'inevitabile periodo di rodaggio e il difficile equilibrio con il MEF, si possa perdere altro tempo prezioso per l'attuazione.
Non capisco, Ministro. Non capisco, lo dico con rispetto, questo atteggiamento di resa del Governo, che già annuncia che alcuni obiettivi non saranno realizzabili. C'è chi addirittura parla di restituire delle risorse, quasi questa maggioranza, campionessa di scaricabarile, stesse già preparando il terreno a dire che è colpa di qualcun altro se non riusciamo ad attuare il Piano. Ma non regge, dopo 7 mesi non regge né incolpare i Governi precedenti, né tantomeno incolpare magari l'Unione Europea, che ha dato piena disponibilità, e non rigidità, nell'aiutare ad attuare questo Piano.
Ministro, insomma, ho l'impressione che abbiate speso più tempo a parlarci di rave e di ONG che non ad attuare questo importante Piano per il Paese. Vi invito, quindi, alla responsabilità, perché a pensar male si fa peccato, è vero, ma viene da osservare che magari qualcuno vuole colpire il PNRR per colpire l'Unione europea. E non dimentichiamo che la grande importanza di questo Piano di 750 miliardi, in mezzo alla pandemia e con il Patto di stabilità e crescita sospeso, sta nel fatto che per la prima volta i Paesi hanno accettato di finanziare un programma di sostegno alle economie europee con emissione di debito comune.
È stato il segno di un'inversione di rotta importante, significativo dopo anni di rigida e dannosa austerità; è stato il passo fondamentale verso un'Unione più forte, più verde e più solidale. Detto in modo ancora più chiaro, un successo dell'Italia diventerebbe un successo dell'Europa, e alcuni potrebbero non volerlo, ma non voglio pensare e non vogliamo credere che l'interesse politico di parte possa spingersi a tanto. La verità è che non eravate pronti, ma sempre pronti, questo sì, a cercare altri capri espiatori.
E allora vi faccio una proposta: uscite dalla solita retorica, non parlate del PNRR come un problema, ma parliamone come di una grande occasione su cui è impegnato l'intero sistema Paese. Noi, come PD, tifiamo per l'Italia, non siamo qui seduti ad aspettare di vedere i ritardi e rischiare fallimenti, perché vogliamo fare la nostra parte dall'opposizione e nei territori che governiamo per contribuire a questa sfida cruciale per il Paese. Per questo le abbiamo chiesto, Ministro, di riferire a quest'Aula. Pretendiamo chiarezza e trasparenza sullo stato di attuazione dei progetti, si dica quali si vogliono cambiare e su quali territori incidono queste modifiche, ma in modo più circostanziato, più preciso di quanto non sia stato fatto finora, perché da parte della UE davvero abbiamo visto disponibilità.
Noi vigileremo, statene certi, perché vengano rispettati gli obiettivi minimi sulla transizione ecologica e digitale, così come sul 40 per cento delle risorse da destinare al Sud e sul 30 per cento per le assunzioni di giovani e di donne, Ministro. Su questo metteremo tutta la nostra attenzione, e anche su come intendete presentare i progetti che riguardano i 2,7 miliardi del REPowerEU, che significa puntare all'indipendenza energetica, che significa puntare all'infrastrutturazione delle filiere rinnovabili e al contrasto della povertà energetica.
Vogliamo anche che ci diciate come e con quali forme pensate di garantire a questo Parlamento un monitoraggio costante degli investimenti, dell'attuazione e del raggiungimento degli obiettivi del PNRR, e come intendete dare una scossa decisiva a quelle riforme previste dal Piano, dalla giustizia alla questione dei balneari, senza le quali la credibilità dell'Italia subirebbe un duro colpo. Non perdiamo l'occasione - lo dico - di questo PNRR per rafforzare la pubblica amministrazione assumendo giovani che hanno competenze e saperi per accompagnare la conversione ecologica e digitale, ma anche affidando missioni strategiche non solo alla PA ma anche alle grandi società partecipate, che devono contribuire a realizzare queste sfide. Non perdiamo l'occasione, Ministro, di sanare le piaghe del lavoro in Italia, di contrastare il lavoro povero e precario, di aumentare la sicurezza sul lavoro. È il contrario di ciò che sembrate intenzionati a fare, introducendo i subappalti a cascata e allargando il ricorso a quegli stessi contratti a termine che condannano al precariato donne e giovani, specialmente al Sud di questo Paese.